Il docu-film Ezio Bosso, Le cose che restano è stato presentato fuori concorso alla 78esima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Prodotto da Sudovest Produzioni, Indigo Film con Rai Cinema è in uscita con Nexo Digital nelle sale italiane solo il 4, il 5 e il 6 ottobre. La distribuzione di Nexo Digital è in partnership con Radi Dejeey, MyMovies.it e Rockol.it.
Un film che ci restituisce il ritratto di un musicista che ci ha conquistati con la sua straordinaria genialità, empatia e umanità. Da non perdere
di Valeria Cudini
Di Ezio Bosso non si può parlare al passato. E non è retorica, sarebbe superflua. Sento di poter affermare con certezza che Ezio Bosso è la musica in ogni sua forma e dettaglio. È il ponte fra la musica e noi che l’ascoltiamo. Lui stesso ha sottolineato più volte che la musica si fa insieme. Un concetto che abbraccia l’intera umanità e restituisce alla musica quanto ha già in sé: il carattere di universalità, la condivisione e, come diretta conseguenza, la democraticità.
Il film di Verdelli – perché di questo si tratta, di un film-documento – ci restituisce l’artista in tutta la sua genuina grandiosità. Bosso si svela a noi attraverso la sua stessa narrazione – è lui il narratore principale – intervallata da supporter d’eccellenza come Gabriele Salvatores e Silvio Orlando.
Ezio Bosso: il ritratto dell’umanità e dell’empatia
La cosa sorprendente è che oltre a Salvatores, che con Bosso ha lavorato alla colonna sonora di tre film, e Orlando, di cui si svela un’amicizia intima con Ezio, tutti i musicisti, gli amici, i conoscenti, i parenti, ma anche chi non la ha conosciuto, come Geoff Westley, e che vengono intervistati in questo film, usano per Ezio parole di amore incondizionato e di ammirazione che vanno al di là del suo straordinario talento musicale, ma che sottolineano la sua strabiliante umanità ed empatia. La sensazione che hanno manifestato tutti coloro che sono entrati in contatto con Bosso è paragonabile a un abbraccio senza fine che unisce tutti abbattendo distanze e differenze di ogni sorta.
Con questo film si evoca una presenza
Alla voce narrante di Bosso nel film si alternano, oltre a quelle già citate, le interviste e i commenti affidati alle voci di Valter Malosti, Enzo Decaro, Raffaele Mallozzi, Michele Dall’Ongaro, Fabio Bosso, Ivana Bosso, Giacomo Agazzini, Alex Astegiano, Oscar Giammarinaro, Giulio Passadori, Paolo Fresu, Silvio Orlando, David Romano, Alessandro Daniele, Angela Baraldi, Alessio Bertallot, Paolo Barrasso, Maurizio Bonino, Stefano Tura, Paola Severini Melograni, Carlo Conti, Gianmarco Mazzi, Tommaso Bosso, Alessia Capelletti, Giulia Vespoli, Virginio Merola, Rosanna Purchia, Diego Bianchi, Cecilia Gasdia, Stefano Trespidi, Michael Seberich, Silvio Bresso, Luca Bizzarri, Paola Turci.
Ezio si svela a noi, come ha raccontato Verdelli nella conferenza stampa di presentazione del film a Venezia, come un grandissimo comunicatore. “Evocare una presenza più che un ricordo – dice il regista – . La presenza, perché di un grande artista restano le sue opere ma, nel caso di Ezio Bosso, restano anche le parole”.
L’eccezionale potere comunicativo ha fatto sì che tutti gli artisti o anche persone comuni che hanno avuto la fortuna d’incontrare sul proprio cammino Bosso, si sentissero come avvolti da lui, che dava tutto di sé e metteva così a proprio agio da consentire a chiunque di aprirsi totalmente. Ci sono aneddoti di serate finite alle prime luci dell’alba in macchina a parlare con Ezio o telefonate fiume. Appuntamenti nati per caso ma a cui non si voleva rinunciare.
Un viaggio zingaresco che percorre i luoghi dell’anima di Bosso
Nel film si compie un vero e proprio viaggio. Seguiamo Ezio per vari luoghi in Italia dove ha vissuto e si va anche all’estero. Il film diventa una sorta di diario visivo che racconta anche le origini di Bosso nato e cresciuto in un quartiere operaio composto quasi esclusivamente da immigrati dove la sua famiglia era l’unica piemontese di tutto il caseggiato.
Si racconta della Torino creativa degli Anni 80 “grigia, sporca, quella degli ultimi anni delle contestazioni” dove Ezio ha manifestato il suo animo punk entrando a far parte di band come i Negazione e gli Statuto dove militò dal 1986 al 1989. È il cantante Oscar Giammarinaro a ricordarlo nel film. Con Bosso si conobbero nei corridoi del Conservatorio. “ In quei locali suonavano eccellenti band di tutti i generi: dal rock duro al reggae. Il fatto che noi studiassimo musica classica non ci precludeva la passione per gli altri generi musicali”. Ezio Bosso era punk per attitudine e aveva un’anima un po’ zingaresca. Percorriamo la sua vita così piena di cose, dai successi al Regio, all’Arena di Verona con i Carmina Burana alla Fenice di Venezia. E poi ci sono le colonne sonore registrate per Salvatores a Londra agli Abbey Road Studios.
Il film contiene anche un brano inedito, The things that remain che dà il titolo al film, un ultimo messaggio di Bosso al suo pubblico: “Ognuno si racconterà la propria storia e io posso solo suggerire la mia”.
Una fame insaziabile di vita, un insegnamento per tutti noi
Il racconto del film, come ha spiegato Verdelli, privilegia la parte emotiva perché è quella che ci ha trascinato nell’universo di Bosso e ci ha fatto innamorare di lui a prima vista. Bosso aveva un’insaziabile fame di vita e lo ha sempre mostrato in ogni suo gesto, parola, esecuzione. Si è adattato, suo malgrado, a ciò che la sorte gli ha crudelmente consegnato, non si è arreso mai perché lui la vita l’amava in ogni sua minuscola particella. E a noi lascia questo messaggio d’amore: “andate sempre avanti e amate la vita”.
“Le cose che restano” sono una filosofia di vita, un regalo per noi
Per quanto mi riguarda ho avuto l’immensa fortuna di conoscere Bosso a un concerto a Verona nel 2016. Non è facile descrivere a parole ciò che ho provato ascoltandolo suonare e parlare. L’emozione che mi ha colto è stata così grande da trasportarmi in una dimensione in cui c’era solo amore e bellezza. E un desiderio di rimanere aggrappati a quella realtà, di non volersene più andare. Una sensazione di grande calore, di un abbraccio che ti avvolge e non ti molla. Una commozione, una dolcezza, un’empatia così forte da pensare che Ezio provenisse da un altro mondo. Eppure la sua era pura umanità, quella che spesso manca a moltissimi di noi.
Chapeau, maestro. Per me sei uno dei regali più belli che la vita mi abbia concesso e sei ancora qui. Le cose che restano di te sono molto più che “cose”, sono una filosofia di vita che se anche solo una parte di noi riuscisse a seguire ci permetterebbe di sentirci soddisfatti di chi siamo e di ciò che facciamo.