Gli occhi del riscatto. In ricordo di Totò Schillaci

Palermo ha appena portato tutto il suo amore nell’ultimo saluto a Totò Schillaci che ci ha lasciati il 18 settembre scorso a seguito di una lunga battaglia contro un tumore al colon. L’eroe di Italia ’90, delle notti magiche se ne va lasciando un grande vuoto non solo nel calcio ma per tutto quello che ha rappresentato per noi a Italia ’90. Indimenticabile il suo sguardo spiritato quando segnava. Lui che ci ha fatto sognare in quelle notti anche se il Mondiale non lo abbiamo vinto. Lui che ha dato tutto su quei campi. E non solo.

Ci piace ricordarlo con le parole di un grande appassionato di calcio, Alessandro Delfiore, che ne traccia un ritratto insolito e delicato mettendolo faccia a faccia con un altro grande campione.

Ciao Totò, le notti magiche sono tutte tue. Noi non ti dimenticheremo

di Alessandro Delfiore

Credits: dalla pagina Facebook di Totò Schillaci

Ricordo Totò Schillaci a Italia ’90. Avevo 8 anni e fu un Mondiale meraviglioso, vissuto in piena estate, in Sardegna. La gioia delle vittorie, la tristezza della sconfitta con l’Argentina. Una squadra invincibile che però si arrese all’Albiceleste di Maradona e Caniggia.

C’erano squadre incredibili a quel Mondiale. Come la Germania di Klinsmann, Brehme e Matthäus che poi vinse il Mondiale. Proprio il Lothar nerazzurro fu poi Pallone d’Oro quell’anno. Ma chi aveva Van Basten nel cuore non poteva non essere triste anche per l’Olanda, una squadra meravigliosa con i tre tulipani del Milan: il numero 9, Gullit e Rijkaard.

Cosa c’entra con Schillaci? Totò e Marco. Così diversi: uno con lo sguardo spiritato quando segnava. Di chi non credeva fosse possibile fare goal, avere tutta quella gioia, vivere quelle emozioni indimenticabili, quelle notti magiche. Una vita sui campi minori a partire dall’infanzia vissuta nel quartiere di San Giovanni Apostolo a Palermo. E poi tanti goal con la maglia del Messina – “Aveva una voglia di fare gol che non ho mai visto in nessuno” – disse il suo allenatore Franco Scoglio. Altro siciliano di Lipari che lo allenò dal 1984 al 1988. Soprannominato il Professore.

Le Notti magiche

Ed è proprio da quarto attaccante che iniziò il Mondiale a Italia ’90 dopo avere disputato una grande stagione con la Juventus con 15 reti ma tante polemiche. I litigi con Baggio e le critiche. Nessuno pensava che avrebbe giocato né tantomeno lasciato il segno. E invece eccolo lì a segnare il goal della vittoria contro l’Austria dopo essere entrato nella ripresa. E poi, titolare fisso, a replicare la gioia contro la Cecoslovacchia. L’Italia è agli ottavi di finale.

Credits: dalla pagina Facebook di Totò Schillaci

Da lì Totò Schillaci segna in tutte le partite: prima il 2-0 contro l’Uruguay, poi l’1-0 contro l’Irlanda nei quarti di finale che lo fa odiare da tutto il popolo di San Patrizio. E infine ancora a illudere gli Azzurri nella semifinale persa ai rigori contro l’Argentina. Ma non finisce qui. Totò segna anche nella finale per il terzo e quarto posto vinta per 2-1 contro l’Inghilterra di Alan Shearer. Un altro calcio si direbbe.

Van Basten e Schillaci

E poi Van Basten. Aveva vinto l’Europeo nell’88 con una rete spettacolare in finale contro l’URSS del Colonnello Lobanovs’kyj. Marco era più freddo, calcolatore, lo chiamavano “il cigno di Utrecht” per la sua eleganza infinita e, al contempo, la sua fragilità. Adorato dai tifosi del Milan e invidiato da tutte le altre tifoserie. Un calciatore eccezionale, un giocatore completo vincitore di tre Palloni d’Oro nel 1988, 1989 e 1992.
Ma dopo Italia ’90 le carriere di Schillaci e Van Basten prendono due strade completamente diverse. A distanza di qualche anno dal celebre Mondiale, Totò va in Giappone dove vestirà la maglia del Jubilo Iwata. Impensabile per un ragazzino che pensava che l’Italia fosse la culla del calcio. Ma Totò veniva da quattro stagioni in cui aveva segnato meno di 30 goal con maglie prestigiose come quelle della Juve e quella dell’Inter. Sembrava un giocatore in declino, lontano dalle Notti magiche di Italia ’90. Ma nel Paese nipponico Totò stava bene, era un pioniere. E riprese a far goal, ben 56 in 78 partite, prima di ritirarsi proprio con la maglia vestita anche da un campione come Dunga.

Marco invece, a causa della fragilità della sua caviglia, salutò troppo presto il calcio nel 1995 a seguito di un intervento sbagliato. Ma aveva vinto tutto: coppe Campioni, scudetti, Supercoppe, coppe intercontinentali. Seppur da grande vincitore con la maglia rossonera se ne andava troppo presto osannato come uno degli attaccanti migliori di tutti i tempi.

Totò e la sua Palermo

Ma torniamo al nostro Totò. Dopo il Giappone rientra nella sua Palermo. Apre il centro sportivo “Louis Ribolla” e diventa proprietario dell’U.S. Palermo, una società dilettantistica. Poi direttore tecnico dell’Asante, squadra di terza categoria formata da migranti e legata a una Onlus. Ha provato politica, tv, cinema, ha scritto la propria autobiografia. Sempre senza tanto successo, senza eguagliare le infinite emozioni provate a Italia ’90.

Lo sguardo per cui tutto è possibile

Facciamo ancora un balzo indietro. Torniamo su quei campi, negli stadi migliori del mondo a quell’epoca. Entra Schillaci nella ripresa.

Eccolo, con gli occhi spiritati di chi sa che nel Mondiale in casa sta scrivendo la storia. Nessuno di noi li dimenticherà mai. Grazie mille. Sei andato via sempre troppo presto ma tanti siciliani, tanti italiani sogneranno sempre quei goal nel Mondiale in terra amica. E quel tuo sguardo che sa che tutto è possibile.

Credits: dalla pagina Facebook di Totò Schillaci

Post Author: Valeria Cudini

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