L’ultima passeggiata che abbiamo fatto con il nostro gruppo di Camminando con #alpassocoitempi si è svolta il 17 giugno scorso. Come nelle due precedenti, di cui spero di riuscire presto a darvi qualche informazione in più soprattutto per chi non era presente, siamo andati alla scoperta della Milano meno conosciuta, la Milano segreta o, se preferite, nascosta.
Il nostro itinerario è stato molto apprezzato. In modo particolare l’attenzione dei partecipanti, e anche la mia di organizzatrice del mini tour, si è focalizzata su una tappa a cui ho voluto dare uno spazio dedicato perché, pur non conoscendo il luogo, ne ho percepito il grandissimo valore storico-culturale.
Si tratta della Fondazione Pellegrini Cislaghi di cui in questo articolo/excursus cercheremo di dare qualche informazione e curiosità ben sapendo di non riuscire a esaurire tutto quanto ci sarebbe da sapere e da dire. Si tratta di un vero e proprio mondo che fa parte di una Milano sparita e recuperata in una sua parte molto significativa da Luigi Pellegrini Cislaghi
di Valeria Cudini
Parlare di che cos’è la Fondazione Pellegrini Cislaghi, del perché nasce e di che cosa conserva al suo interno significa aver ricevuto il privilegio, che io considero un vero e proprio dono, di poter aprire pian piano una finestra sulla Milano del passato, sull’amore per questa città, per la sua storia e la sua arte.
La Fondazione Gianantonio Pellegrini Cislaghi
La Fondazione Gianantonio Cislaghi è dedicata al nipote di Luigi Pellegrini Cislaghi che, come il nonno, era uno storico nell’animo. Luigi si è occupato della storia del monastero delle Dame Vergini al Vettabia le cui vestigia sono state recuperate da suo padre, il conte Antonio Pellegrini Cislaghi, che nella sua casa di via San Martino ha appunto raccolto i resti del monastero dilapidato dopo che nel 1823 era stato posto in vendita.
Queste prime informazioni sull’eccezionale salvataggio e ricostruzione dell’antico monastero delle Dame Vergini al Vettabia, ci è stato raccontato da Giorgio Pellegrini Cislaghi che vive e custodisce questo immenso patrimonio posto in via San Martino a Milano. Giorgio è il padre di Gianantonio, prematuramente scomparso, e figlio di Luigi, che alla storia delle Dame Vergini al Vettabia ha dedicato un libro con illustrazioni di pregio e documenti originali: Il monastero delle dame Vergini al Vettabia – Un monumento di Milano salvato (edizioni Et, Milano) che mi è stato donato dallo stesso Giorgio. Lo tengo tra le mie cose più preziose avendo colto il senso dell’immenso lavoro che è stato svolto da questa famiglia per far giungere a noi un’importantissima testimonianza di un pezzo di storia milanese che, se non fosse stato fatto questo salvataggio, sarebbe andata rovinosamente perduta.
Nella Prefazione del libro, a cura proprio di Giorgio Pellegrini Cislaghi, si dice che “questo libro non deve essere e non è uno studio conclusivo sulle vicende storiche e artistiche del Monastero delle Vergini del Vettabia, ma anzi è suo fine precipuo stimolare l’interesse e la passione per la storia di Milano antica suggerendo nuove linee di ricerca e approfondimenti futuri”. Questo, dice Giorgio, è anche il fine della Fondazione che è dedicata alla memoria di suo figlio Gianantonio, giovane avvocato appassionato di storia milanese e lombarda.
La Fondazione è nata nel 2018 per sostenere la ricerca, lo studio e l’approfondimento di aspetti sconosciuti delle vicende di Milano e del territorio. Promuove studi, ricerche, pubblicazioni e borse di studio per neolaureati meritevoli.
Il giardino delle memorie: il recupero, la ricomposizione e la ricerca
Il monastero della Vettabia, di cui poi vi faremo una breve ricostruzione storica, è stato acquistato nel 1893 dal conte Visconti di Modrone. In accordo con il Comune di Milano, viene deciso di aprire quella che è l’attuale via Cosimo del Fante, tra corso Italia e via Calatafimi. Peccato che per farlo va tagliato in due il chiostro delle monache. La Soprintendenza non si oppone, ma chiede, per mantenere il ricordo del luogo, che vengano fatte fotografie e rilievi del monastero, che se ne salvino delle parti e che si pubblichi un testo sul Convento delle Dame Vergini.
Ed è proprio nel giardino del palazzo di via San Martino 5 che il conte Pellegrini Cislaghi ricompone tre campate del Chiostro salvando alcuni capitelli, alcune serraglie degli archi, e recupera integralmente la cappella in cui si trovano affreschi cinquecenteschi della scuola del Luini.
La fondazione del monastero si fa risalire leggendariamente a quando, dopo la distruzione del 1162 per mano di Federico Barbarossa, le donne superstiti si sarebbero divise in tre monasteri in vedove, maritate e vergini. Le ultime si riunirono nel monastero alla Vettabia, di monache domenicane, dapprima sottoposte a Sant’Eustorgio e in seguito a Santa Maria delle Grazie. Fortuna volle che il monastero fosse protetto da Bianca Maria Visconti e che ebbe privilegi anche sotto gli Sforza dato che vi si monacò una sorella di San Carlo insieme ad altre tre sue zie.
L’attenzione su questo luogo, dunque, è sempre stata alta soprattutto da parte di architetti della caratura di Luigi Annoni e Luciano Patetta.
Breve storia del monastero: origini, sviluppo e soppressione napoleonica
Le origini del monastero si fanno risalire al 1232 per volere di Pietro da Verona, frate domenicano. Viene scelto dalle fanciulle della buona società milanese e protetto e finanziato da famiglie importanti quali i Visconti e gli Sforza. Il monastero si estendeva lungo il canale della Vettabbia (coperto nel 1929 e trasformato in via Calatafimi). Tra il XV e il XVIII secolo occupava una superficie di oltre 2 milioni di mq. Era dotato di una doppia chiesa di cui una parte destinata alla clausura e una al culto pubblico; di un ampio chiostro, un refettorio e una sala capitolare. Le cronache lo descrivono come un convento provvisto di ogni tipo di comodità. Nel Seicento sono moltissimi i dipinti che ornano la chiesa, per la maggior parte dispersi dopo la soppressione. Quest’ultima viene decretata il 1° aprile 1799 perché il monastero dovrà essere utilizzato dalle truppe della guarnigione francese.
La ricomposizione nel giardino di Casa Cislaghi per salvare la memoria
Antonio Pellegrini Cislaghi si offre di ricomporre una parte del chiostro e la sopravvissuta cappella dell’ortaglia. Ottenuto parere positivo dalla Soprintendenza e dalla proprietà, Antonio avvia i lavori di trasferimento e ricomposizione utilizzando solo i materiali originari di tre campate del chiostro risalente al ’400 e di tre campate della cappella i cui affreschi vengono strappati e riposizionati. I lavori si concludono nel 1921.
Agli occhi del visitatore di oggi – e tutti noi in visita, infatti, ne siamo rimasti sbalorditi – in parte si può ritrovare la forma del chiostro delle monache e dell’oratorio dell’ortaglia, che è stato ricomposto nel giardino, così come è possibile vedere parte del ciclo di affreschi all’interno della cappella salvata. Nello specifico, si possono ammirare: la parete d’altare con la Vergine, il Bambino e San Giovannino tra due santi domenicani; nella parete a destra, invece, troviamo un Noli me tangere e una scena dove una monaca salva miracolosamente un bambino dalle fauci di una belva.
Il tabernacolo ritrovato
Ci sarebbero ancora tantissime cose di cui parlare in merito ai ritrovamenti del monastero. Vi diremo brevemente del tabernacolo rinvenuto durante gli scavi di via Vettebbia 7 nel 1949. Qui lo ritroviamo murato sulla parete esterna di destra della cappella ricomposta nel giardino di via San Martino. Le condizioni di conservazione non sono ottimali: le manca la parte alta della cornice, presenta crepe e fessure. La parte centrale è scolpita con i simboli della Passione di Cristo, la spugna con l’aceto, i chiodi, la scala ed è adornata con volute eleganti sui lati e sulla sommità. Nella cornice esterna si vedono angioletti alati che si alternano a grottesche, figurette umane, candelabri e tralci in stile prevalentemente profano. Il tabernacolo è databile tra la fine del ’400 e l’inizio del ’500. La proposta di tale datazione è in linea con i tempi in cui il monastero era passato sotto la direzione spirituale del convento domenicano di Santa Maria delle Grazie. Probabilmente il tabernacolo venne eliminato dalla chiesa proprio per la commistione di elementi sacri e profani in seguito all’opera riformatrice di San Carlo Borromeo.
Altre informazioni
Ci pare doveroso informare i nostri lettori che, dato l’enorme materiale raccolto durante i ritrovamenti e la ricostruzione del monastero all’interno del giardino di via San Martino, e quindi il potenziale narrativo di questo luogo incantato, ci riserveremo di scrivere un pezzo dedicato solo ai cimeli raccolti.
Intanto, per chi volesse avere informazioni sulla Fondazione Pellegrini Cislaghi, vi invitiamo a visitare il sito: https://fondazionepellegrinicislaghi.it/
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