Da domani 2 luglio esce in tutte le sale italiane un film che lo scorso anno ha conquistato il Far East Film Festival. Una commedia anticonvenzionale sul disturbo ossessivo compulsivo (DOC) trattata con un tocco delicato, sempre originale. Una disamina sui sentimenti e su quello che forse sarebbe auspicabile cambiare di un certo modo di vivere. Un film che tocca nel profondo e che ci fa riflettere su chi siamo, sul nostro modo di vedere gli altri e di intessere e nutrire le relazioni. Un film assolutamente da vedere. Distribuito da Tucker Film e prodotto da Activator Marketing Company. Sceneggiatura, regia e montaggio sono di Liao Ming-Yi
di Valeria Cudini
L’abilità di Liao Ming-Yi, regista, sceneggiatore e montaggista del film, sta nell’essere riuscito a trattare il disturbo ossessivo compulsivo (DOC), tema delicatissimo, di cui di solito si parla malvolentieri, con l’ironia e il tocco leggero tipici della commedia. In realtà, per chi conosce che cosa sia il DOC e quali enormi difficoltà comporti nella vita di tutti i giorni, le situazioni paradossali in cui noi spettatori vediamo muoversi i due protagonisti, Po-ching (Austin Lin) e Ching (Aviis Zhong), assumono normalmente il carattere di un dramma.
Qui, invece, si ride, e anche molto, ma lo si fa avendo sempre presente che il disturbo di cui si parla è fortemente invalidante e causa di isolamento.
Ad avere il DOC sono sia il protagonista maschile sia quello femminile
Un’altra particolarità del film è scegliere di mettere in scena non uno ma ben due protagonisti con il DOC. All’inizio conosciamo lui, Po-ching, DOC affetto da un’ossessione igienista, la misofobia, che gli impone di lavarsi continuamente le mani, per esempio anche quando non riesce lo stesso numero di passi che separano casa sua dal supermercato dove si reca una sola volta al mese: il 15.
Ed è proprio da un piccolo imprevisto che vediamo entrare in scena quella che sarà la protagonista femminile del film: Ching.
Entriamo nella storia
Po-ching si sta recando, appunto, al supermercato. Intento, come sempre, a contare i passi necessari per raggiungere l’ingresso del negozio, una volta arrivato scopre, con suo grandissimo sconforto, che è chiuso. Si vede perciò costretto a cercarne un altro – la cosa lo agita molto – ma, all’interno del negozio, avrà una piacevole sorpresa: s’imbatterà in Ching. L’incontro/scontro ha dell’esilarante per lo spettatore e del sorprendente per i due ragazzi. Il motivo? Po-ching, che per paura della contaminazione esce sempre di casa bardato di impermeabile, cappuccio, guanti e mascherina chirurgica, rimane scioccato quando vede quella che si rivelerà essere il suo specchio al femminile. Ching, come lui, indossa impermeabile giallo, cappuccio, guanti e mascherina chirurgica. Anche lei soffre di DOC, il disturbo “colpevole” della sua cleptomania e della sua ossessione per i germi che contaminano l’aria. La ragazza sostiene che se si espone per più di tre ore all’aria le si manifesta una sorta di allergia alla pelle con chiazze arrossate e prurito.
I due si avvicinano ed entrano rapidamente in “contatto” con modalità, movimenti e scambi di battute pieni di stramberie. Questo loro insolito e buffo modo di rapportarsi l’uno all’altro ce li rende immediatamente simpatici e in un attimo scatta l’empatia.
Il riconoscersi l’uno nell’altro è una piacevolissima sorpresa per i due giovani. Sentire di non essere soli, ma anzi di potersi comprendere e accettarsi per quello che sono fa scattare, in men che no si dica, la molla della solidarietà e dell’amore.
E quelle che ai nostri occhi di “non DOC” (anche se non è detto…) sembrano solo assurde manie, per Po-ching e Ching diventano le basi per la reciproca comprensione e per costruire una vita insieme in cui sentirsi liberi di essere se stessi, senza vergogna.
E se uno dei due guarisce che cosa accade?
Ma che cosa può succedere a due anime che parevano predestinate a incontrarsi, a stare insieme e che si sono giurate di non cambiare mai se uno dei due guarisce dal DOC?
Come cambiano gli equilibri? L’amore è ancora possibile?
Un parere sul film
Nella speranza che questo film gioiello lo vedano in molti, lascio volontariamente una parte in sospeso, non solo per evitare lo spoiler, ma per non togliere a voi – mi auguro – futuri spettatori, il gusto di vedere un film così particolare, che vira dai colori sgargianti tipici dell’Est alla monotonia del monocromatismo e dell’omologazione.
Un film che racchiude in sé tanto della vita e dice moltissimo sull’opinione che Liao Ming-Yi ha della società contemporanea in cui vive. Ancor prima dell’emergenza coronavirus, infatti, nei Paesi asiatici era già consolidato l’impiego di dispositivi protettivi come mascherina e guanti. All’origine di questa scelta di proteggersi c’erano motivazioni diverse: dalla pregressa esperienza della Sars al voler difendersi, soprattutto nelle grandi città, dall’inquinamento atmosferico, sino ad arrivare, per molti, a una “naturale” tendenza all’evitamento del contatto fisico con l’altro.
A mio avviso, questa commedia, vuole essere, almeno in parte, una sorta di parodia delle ipocondrie o fobie igienistiche di molti abitanti dell’Est e, contemporaneamente, intende darci un ritratto delicato dei rapporti sentimentali e anche di quanto sia forte il dolore dell’abbandono e di come ci si trasformare in esseri crudeli.
Se scomponiamo questo film in concetti assoluti potremmo trovare una disamina puntuale sia della società sia dei sentimenti che riguardano noi tutti. Vi invito a cercare voi altri elementi o simbologie su cui riflettere.
Intanto, da un punto di vista formale, al repentino cambio dalla cromaticità al monocolore, si accompagna il passaggio dal formato verticale delle riprese a quello orizzontale.
Altra particolarità di questo film è data, infatti, dall’uso dell’IPhone XS al posto della macchina da presa.
Pronti a vedere un film che rifiuta in toto un’immagine precostituita della società e che assurge la devianza a unica possibile via di fuga?