È uscito poco più di un anno fa l’ultimo romanzo di Fabio Genovesi Cadrò, sognando di volare (Mondadori), una storia che intreccia le vicende di Fabio, un ventiquattrenne insoddisfatto, a quelle di un anziano prete, Don Basagni, del tutto inerme nel suo letto in attesa solo di morire. I due, in modo del tutto inaspettato, troveranno un punto d’incontro nell’amore per Marco Pantani e il giro d’Italia. Un romanzo sorprendente, carico di umanità, con una prosa scorrevole e coinvolgente. Un messaggio positivo sulla vita e sulle seconde possibilità che tutti noi, se non smettiamo di alimentare i nostri sogni, possiamo avere e che dovremmo saper cogliere
di Valeria Cudini
La vera conquista di uno scrittore, è prenderti per mano, condurti dentro la sua storia e fartela sentire tua sin dalla prima pagina.
Altro pregio del buon romanziere è la scelta dei personaggi: persone comuni, come tutti noi, che possono però diventare – quasi sempre inaspettatamente – eroi o protagonisti di avventure che cambieranno per sempre il corso della loro vita. E la grande bellezza è che l’impresa che condurrà al cambiamento non è per forza eccezionale anche se, per il soggetto protagonista, assume i contorni della straordinarietà.
Risponde appieno a queste caratteristiche il romanzo di Fabio Genovesi Cadrò, sognando di volare. Ci sono personaggi apparentemente molto semplici che ci entrano da subito nel cuore e ci diventano amici: li sentiamo vicini, vogliamo seguirne l’evoluzione, sapere che cosa fanno, accompagnarli nel loro viaggio.
La storia
Il romanzo intreccia le vicende di Fabio, un ventiquattrenne che studia Giurisprudenza imprigionato in una vita che non vuole, alla doppia ed eroica impresa di Marco Pantani nel 1998: la vittoria al Giro d’Italia e al Tour de France.
Estate 1998: Fabio sta per raggiungere i suoi amici per una vacanza all’insegna del divertimento a Siviglia, ma i suoi piani vengono del tutto buttati all’aria dall’arrivo inatteso della cartolina che lo chiama per il servizio civile. La destinazione è un collegio sperduto sulle Apuane dove Fabio dovrebbe fare l’educatore. In realtà si rende subito conto che lì sono anni che il collegio non c’è più: la struttura è diventata un ospizio per preti.
Fabio è sconcertato, chiede a Don Mauro – il prete che gli apre lo sgangherato cancello della struttura – di parlare immediatamente con il direttore. Don Mauro prende tempo e intanto invita Fabio a mettersi in guardiola per controllare chi passa. Fabio accetta suo malgrado e presto scopre che il suo compito sarà ben più ingrato: dovrà prendersi cura proprio del direttore della struttura, Don Basagni, un ex missionario ottantenne ormai arcistufo di girare il mondo, allettato, in forte sovrappeso e dal carattere burbero e lunatico. Fabio continua a ripetere a Flora – la donna tutto fare che lavora per gli unici due preti che vivono lì -, che non è quello il suo compito, che lui dovrebbe fare l’educatore e non occuparsi di un vecchio sconosciuto.
Don Basagni non esce dalla sua stanza perché ha perso la gioia di vivere, tratta male tutti tranne Gina, la figlia di Flora, una curiosa ragazzina, con seri disturbi psichici, che si crede una gallina tanto da trascorrere la sua intera giornata nel pollaio.
Ben presto Fabio, rassegnato all’idea di non poter fare l’educatore, si troverà a dover accudire davvero Don Basagni.
Nella stanza del burbero prete c’è un aspetto attrattivo per Fabio: lì si trova l’unica tv del pensionato, oggetto essenziale se Fabio vorrà avere qualche speranza, da appassionato quale è, di poter seguire il Giro d’Italia che sta per iniziare.
Da qui in poi la storia cambia: i due uomini, Fabio e Don Basagni, così agli antipodi sia per età sia per visioni del tutto opposte della vita, troveranno un punto in comune per cui soffrire e gioire al contempo: l’amore per il ciclismo ma, sopra a tutti, l’ammirazione e la passione per il Pirata: il mitico Marco Pantani.
Il Giro d’Italia e le eroiche imprese di Pantani uniscono i due uomini
Pantani sarà l’anello di congiunzione tra i due protagonisti del romanzo di Genovesi, l’aiuto che entrambi attendevano per uscire, alla fine, da una condizione simile: un torpore generalizzato che ha bloccato i loro sogni. Infatti, attraverso le imprese eroiche del Pirata, che solo un cronista così appassionato di ciclismo poteva farci vivere in modo tanto vero, Fabio e Don Basagni si aprono l’uno all’altro e iniziano a tirar fuori le parti più belle e più profonde del loro sé.
La voglia di farcela ci spinge oltre i nostri limiti e nutre i nostri sogni
I sogni sono il motore dell’uomo, le passioni, la voglia di autodeterminarsi, di prendere una posizione chiara, di saper dire “no” per correre dietro a quello che davvero potrebbe renderci felici. Ma in tutto questo c’è la fatica, le salite, il sudore di Pantani, le cadute e le risalite.
Ci si può rialzare sempre, la nostra volontà e la voglia di farcela superano la nostra stessa immaginazione.
Un messaggio bellissimo quello che emerge con prepotenza dal romanzo Cadrò, sognando di volare di Fabio Genovesi, per nulla enfatico, semplice nella sua trasparenza e così vero.
E poi c’è la narrazione così limpida, coinvolgente, visiva, poetica.
Dicono che non bisognerebbe ricorrere all’uso di troppe parole per descrivere un libro e/o un autore, ma credo che in questo caso occorra spenderne molte per Fabio Genovesi perché questo libro può e potrà essere da esempio per molti.
Genovesi innalza l’autostima e ci rende più consapevoli di quanto valiamo
Ha il potere di catturarti e migliorare improvvisamente l’autostima. È come una luce che si accende all’improvviso e ti fa vedere tutto ciò che è dentro e fuori di te con una prospettiva nuova. Si soffre e si gioisce con gli eroi inventati e non di questa storia. Si diventa empatici, ci si impara a fidare che è possibile diventare gli artefici del nostro destino. Che è sufficiente decidere che cosa si vuole per trovare tutta la forza e il dolore necessario per andare a costruire il nostro futuro come vogliamo.
Che meraviglia, il romanzo di Genovesi. Quanto amore c’è per l’essere umano, quanta complicità, quanta voglia di farci sentire bene.
Si può cadere ma ci si può rialzare per volare alto
Lo consiglio a tutti, appassionati o no di ciclismo, perché pur non essendo un romanzo su questo sport e su Pantani, è sicuramente un omaggio al grandissimo Pirata e all’amore che ci lega a lui, oltre a essere una riflessione sulla vita e su noi stessi, sull’immenso potere che abbiamo di decidere di cambiare rotta anche dopo essere caduti, certi che, con la determinazione, anche noi potremo volare.