Parlare di sesso in un Paese come il nostro è ancora un tabù. Parlare di sessualità e disabilità lo è ancora di più. Invece noi ne parliamo con Barbara Garlaschelli
Il sesso è ancora oggi un tabù. Quantomeno qui in Italia. Siamo un Paese cattolico e le implicazioni sono molte, evidenti e non. Non è mai semplice parlarne, quasi impossibile poi se se si vuole affrontare l’argomento sessualità e disabilità.
Eppure verrebbe da chiedersi quale sia il “difetto” nel parlare di un tema che dovrebbe essere così naturale, che fa parte di noi, della vita, della nostra natura. Le cose semplici già di per sé propongono soluzioni, ma noi preferiamo ignorarle. Scegliamo le strade più tortuose, ci accapigliamo su cosa si può o non si può fare o dire. E così ci dimentichiamo delle cose più semplici e importanti.
Per esempio: chi si preoccupa di come vive – o forse sarebbe più giusto dire come vorrebbe vivere –la sessualità un disabile? Nessuno probabilmente. O forse sono in pochissimi a essersi posti la questione.
Una persona con disabilità ha i nostri stessi desideri
Come se una persona che ha una difficoltà motoria o cognitiva non possa avere i nostri stessi desideri e i nostri stessi diritti. Nostri, diciamo così, perché noi “non disabili” abbiamo la pretesa a volte – per non dire sempre – di essere il centro di tutto. Ci siamo prima “noi” e poi ci sono “gli altri”. “L’altro da noi”, l’altro che è tanto altro, è tutto un mondo, forse migliore, forse più ricco di cose del nostro, ma la nostra – e questa sì è tutta nostra – miopia non ci permette di guardarlo e capirlo veramente questo mondo.
Se si ha paura a confrontarsi con una realtà semplicemente diversa dalla nostra – ma solo perché non la conosciamo – è semplice: va trovato il coraggio. Disabili o no dentro di noi abitano pulsioni simili. Una di queste è il sesso.
Ecco perché parlare in totale libertà di sessualità con chi la disabilità la vive in prima persona ci permette di aprire un varco su un argomento da molti considerato off limits.
Barbara Garlaschelli ci racconta il suo rapporto con la sessualità
Il punto di vista che vogliamo riportare è quello della scrittrice Barbara Garlaschelli, vittima di un incidente in acqua bassa all’età di 15 anni e costretta da allora su una sedia a rotelle.
«Per quanto riguarda la sessualità io mi sono svegliata molto tardi. In adolescenza non avevo mai avuto rapporti sessuali. Ero una persona molto determinata, molto centrata su me stessa. Quindi volevo che nel momento in cui avrei fatto l’amore con qualcuno fosse qualcuno che mi piaceva – racconta Barbara -. Dal giorno in cui mi sono fatta male al giorno in cui mi sono resa conto che non ero soltanto una persona sulla sedia a rotelle sono passati almeno quindici anni.Il primo uomo che ho incontrato si è dichiarato (in qualche modo) semplicemente perché io ho permesso che lo facesse. Al tempo io ero l’amica di tutti, dispensavo consigli a tutti, ed ero convinta che a me non sarebbe mai accaduto. Non ci pensavo proprio.»
“Scoprire che anche il mio corpo era molto amato è stata per me una rinascita”
«Poi la vita ti cambia – per fortuna – e mi sono accorta che ero una donna che piaceva molto.Mi ricordo che avevo chiesto a uno dei miei amici, che poi è diventato un amante: – Dove siete stati in tutto questo tempo? – E lui: – Noi ci siamo sempre stati. Eri tu che non c’eri.
Intorno ai trent’anni, come dicevo, mi sono svegliata e ci sono state storie belle, brutte, interessanti, ma la cosa importante è che io mi sono messa in gioco, ho messo in gioco il mio corpo. Ero terrorizzata che gli uomini rifiutassero il mio corpo e quando ho scoperto che invece il mio corpo era anche molto amato per me è stata una rinascita, perché non c’è niente di più bello come rendersi conto che tu sei una donna sotto tutti i punti di vista.
Ho sì incontrato persone che avevano problemi con la disabilità ma erano loro, non io.
Alcuni mi hanno fatto sentire bene e altri no, e di quelli che non mi hanno fatto sentire bene ho capito che il problema era loro. Questo fa la differenza: è molto diverso dal pensare che sei tu quella sbagliata.
Poi quando ho compiuto 40 anni ho conosciuto Giampaolo, l’ho incontrato nel 2005 e stiamo insieme ancora adesso. Sono conscia di essere normale, sono piacevole da guardare. Essere belli è più facile che essere brutti. È inutile essere ipocriti. Di qualunque persona tu incontri la prima cosa che noti è il corpo. Se Giampaolo non mi fosse piaciuto non sarei con lui.
Perché il nostro è stato proprio un amore a prima vista. E la cosa che mi ha aiutata molto nel corso degli anni è che molti uomini si sono innamorati, altri si sono invaghiti ma sempre a prima vista. Non so per quale motivo. Questa cosa ti dà forza. Soprattutto a una persona che per tanti anni ha creduto di non avere un corpo.È proprio una rinascita».